Otalgia e otiti in pediatria

Otalgia e otiti in pediatria

A cura del dott. Sergio Occhipinti

L’otalgia è un sintomo di comune riscontro in età pediatrica e benché le patologie più frequentemente associate siano l’otite esterna acuta e l’otite media acuta, esistono alcune cause alternative che meritano di essere considerate in diagnosi differenziale. In assenza di otite, l’otalgia può essere secondaria a numerose condizioni di diversa gravità, tra cui lesioni traumatiche, tappi di cerume, dermatiti, ascessi dentali, parotite, sinusite, faringite, mastoidite, pericondrite. Nell’ambito delle cure primarie (PLS, CA, MMG) è necessario innanzitutto escludere patologie meritevoli di valutazione specialistica più o meno urgente.

Esame otoscopico. L’esame otoscopico nel bambino può essere impegnativo e in alcuni casi potrebbe non essere dirimente se per la presenza di cerume nel condotto o per altre ragioni non si riuscisse a visualizzare adeguatamente la membrana timpanica. Gli otoscopi dotati di fonte di luce a LED offrono generalmente una fedeltà cromatica maggiore rispetto a quelli alogeni ed idealmente dovrebbero essere dotati di un sistema di illuminazione a fibra ottica per permettere un’osservazione ottimale (tra i più famosi/venduti troviamo l’Heine a LED). Lo speculum solitamente più adatto all’uso nel bambino è quello da 2.5 mm. Per visualizzare la membrana timpanica bisogna ridurre la curvatura del condotto esercitando una trazione sul padiglione auricolare che dovrà essere diretta verso il basso e all’indietro nel lattante, verso l’alto e all’indietro nei bambini più grandi. In condizioni di normalità la membrana timpanica si presenta integra, mobile al test pneumatico, di colore grigio-perlaceo, traslucida, lievemente depressa centralmente. Nell’OMA la membrana timpanica è tipicamente iperemica con sfumature giallastre, opaca, ipomobile ed estroflessa; il confronto con l’orecchio controlaterale è sempre molto utile ed è bene precisare che soprattutto in fase iniziale i segni rilevabili all’esame otoscopico potrebbero non essere eclatanti o di facile riconoscimento. Occorre comunque tenere presente che una membrana timpanica lievemente iperemica potrebbe essere una semplice conseguenza di pianto prolungato e/o febbre. Se l’otoscopio è dotato di insufflatore si può valutare la mobilità della membrana timpanica mediante test pneumatico, applicando con prudenza una lieve variazione pressoria: nell’otite media acuta conclamata la membrana timpanica è marcatamente ipomobile a causa della presenza di essudato.

Otite esterna. E’ una flogosi del condotto uditivo esterno, caratterizzata da dolore ad insorgenza acuta, prurito, edema ed eritema del condotto, presenza di essudato muco-purulento, possibile riduzione dell’udito. Nell’otite esterna la membrana timpanica è solitamente indenne, in qualche caso lievemente eritematosa, tuttavia spesso non può essere visualizzata perché l’infiammazione e l’edema del condotto impediscono l’introduzione dell’otoscopio e in questo caso può essere più complesso distinguerla da un’otite media. La pressione sul trago evoca dolore; a differenza dell’otite media non si associa a febbre né ad infezioni delle vie aeree superiori, è più frequente in estate rispetto ai mesi invernali e può verificarsi soprattutto nei bambini che praticano nuoto. Gli agenti eziologici prevalentemente coinvolti sono Stafilococchi e Pseudomonas aeruginosa, ma bisogna ricordare che l’eziologia dell’otite esterna può essere anche micotica. L’otomicosi può insorgere secondariamente ad un’infezione batterica, in particolare dopo trattamento antibiotico prolungato, o in forma primitiva e il sintomo prevalente, a differenza dell’infezione batterica, è il prurito; il dolore è generalmente lieve e l’edema del condotto uditivo è modesto.

Normalmente il trattamento dell’otite esterna è esclusivamente topico e solo nel caso in cui ci siano segni di infezione invasiva (febbre, linfoadenopatia latero-cervicale, cellulite) o una concomitante otite media si renderà necessario somministrare un antibiotico sistemico. Gli antibiotici di prima scelta nel trattamento dell’otite esterna sono i fluorochinoloni che vanno preferiti agli aminoglicosidi, come tobramicina e neomicina, per l’assenza di ototossicità anche in caso di perforazione della membrana timpanica. La perforazione non è usualmente associata all’otite esterna, ma non può essere esclusa con certezza in tutti i casi in cui la membrana timpanica non risulta visualizzabile all’esame otoscopico. Se il condotto uditivo è talmente edematoso e ristretto da impedire un’appropriata applicazione delle gocce otologiche, è utile inserire un apposito tampone o una striscia di garza che verranno poi imbevuti con il farmaco. In presenza di rilevante accumulo di cerume, secrezioni e detriti cellulari può essere necessaria una valutazione ORL per eseguire le opportune manovre di detersione del condotto. La mancata risoluzione del quadro clinico entro una settimana costituisce comunque indicazione per una consulenza ORL.

Antibiotici topici
Farmaco Posologia Note
Cilodex gocce otol.

(ciprofloxacina + desametasone)

4 gocce 2 volte/die per 7 giorni Farmaco di prima linea
Unicexal gocce otol. in fiale monodose (ciprofloxacina) 1 fiala monodose 2 volte/die per 7 giorni
Tobradex gocce otol.

(tobramicina + desametasone)

4 gocce 3 volte/die per 7 giorni Non usare in presenza di perforazione accertata o dubbia della membrana timpanica

 

Raccomandazioni per una corretta aderenza alla terapia
Elenco farmaci per uso topico e raccomandazioni

Otite media acuta. E’ un’infiammazione acuta dell’orecchio medio, diagnosticabile in presenza di esordio improvviso di otalgia, febbre, essudato endotimpanico (otorrea in presenza di perforazione timpanica). Nei bambini al di sotto dei 2 anni prevalgono sintomi e segni aspecifici: irritabilità, pianto, tendenza a toccarsi ripetutamente l’orecchio, inappetenza e vomito; la febbre non è sempre presente. All’otoscopia la membrana timpanica si presenta iperemica, opacizzata, giallastra ed estroflessa; se si impiega un otoscopio pneumatico la membrana timpanica rimane quasi immobile all’insufflazione per la presenza di essudato.

Esiste un legame tra infezioni delle vie aeree superiori e OMA perchè i processi infettivi nasofaringei favoriscono l’insorgere di disfunzione tubarica, facilitando la colonizzazione dell’orecchio medio da parte di microrganismi patogeni. Questo fenomeno si verifica soprattutto nei primi 3 anni di vita, favorito dalla specifica conformazione della tuba di Eustachio in questa fascia di età. Altri fattori di rischio sono l’esposizione al fumo di sigaretta, l’uso eccessivo del ciuccio e, come per tutte le infezioni respiratorie, il mancato lavaggio delle mani; l’allattamento al seno ha effetti protettivi. Nella maggior parte dei casi di OMA esiste, almeno inizialmente, una coinfezione virale e batterica nella quali i microrganismi coinvolti, in ordine di frequenza, sono Streptococcus pneumoniae, Haemophilus influenzae, Moraxella catarrhalis e Streptococcus pyogenes.

Il trattamento dell’OMA si basa innanzitutto sulla somministrazione di analgesici; in presenza di sintomatologia lieve-moderata, l’inizio della terapia antibiotica potrà essere generalmente rinviato ad una successiva rivalutazione del bambino da eseguire entro 48-72 ore (strategia della “vigile attesa”) perché un considerevole numero di casi di OMA si risolve spontaneamente. La terapia antibiotica dovrà invece essere iniziata subito nei bambini di età inferiore a 6 mesi (anche se la diagnosi di OMA non è certa ma solo probabile), in presenza di otorrea secondaria alla perforazione della membrana timpanica, nei bambini affetti da rilevanti patologie acute e croniche (come diabete, asma, immunodeficienze), in caso di peggioramento durante il periodo di osservazione e nei casi in cui la rivalutazione a distanza sia impossibile o la famiglia appaia inaffidabile. Per i lattanti di età inferiore a 2 mesi con sospetta OMA, è consigliabile la valutazione ospedaliera. Alcuni autori raccomandano inoltre l’inizio immediato della terapia antibiotica in presenza di OMA bilaterale in tutti i bambini di età inferiore a 2 anni, indipendentemente dalla severità della sintomatologia. Per quanto riguarda la terapia antalgica è meglio ricorrere alla somministrazione di paracetamolo o ibuprofene a cadenza oraria programmata e non al bisogno; nell’OMA l’efficacia degli analgesici topici è limitata. E’ consigliabile iniziare con il paracetamolo e, qualora non sia sufficientemente efficace, sostituirlo con l’ibuprofene, evitando di associarli o alternarli. Relativamente alla terapia antibiotica, il farmaco di prima linea è l’amoxicilina, eventualmente associata ad acido clavulanico. Sull’opportunità di somministrare l’associazione amoxicillina/acido clavulanico è bene fare alcune considerazioni: l’agente eziologico più frequentemente responsabile di OMA è Streptococcus pneumoniae, i cui ceppi eventualmente resistenti all’amoxicillina non sono produttori di beta-lattamasi. Il meccanismo attraverso cui S. pneumoniae può sviluppare resistenza ai beta-lattamici è la riduzione dell’espressione delle PBP (proteine leganti la penicillina) e questo tipo di resistenza può essere normalmente superato aumentando la concentrazione dell’antibiotico. Relativamente alle meno comuni infezioni da Haemophilus influenzae, la resistenza ad amoxicillina è più frequente rispetto a Streptococcus pneumoniae e può essere dovuta, anche se non esclusivamente, alla produzione di beta-lattamasi; Moraxella catarrhalis è quasi sempre produttore di beta-lattamasi. Ne consegue che il regime ideale per eradicare anche microrganismi parzialmente resistenti prevede la somministrazione di amoxicillina al dosaggio di 75 mg/Kg in 3 somministrazioni giornaliere; anche il dosaggio di 90 mg/Kg in 2 somministrazioni giornaliere è un’alternativa accettabile (*Da preferire sempre in tris per migliore cinetica di azione (ndr)). La durata complessiva del trattamento non sarà inferiore a 5 giorni per i bambini oltre i 2 anni di età e non inferiore a 8 giorni per i bambini di età inferiore a 2 anni. In assenza di sensibile miglioramento clinico entro 48-72 ore dall’inizio della terapia antibiotica si deve sospettare la presenza di Haemophilus influenzae beta-lattamasi positivo e in questo caso è opportuno modificare la terapia utilizzando amoxicillina/acido clavulanico al dosaggio di 75 mg/Kg (riferito alla componente amoxicillina) suddiviso in 3 somministrazioni giornaliere. La somministrazione in prima istanza di amoxicillina/acido clavulanico è consigliabile nei bambini già trattati con amoxicillina nei precedenti 30 giorni, in presenza di sintomatologia particolarmente severa, di episodi ricorrenti di OMA e di concomitante congiuntivite purulenta (le ultime due condizioni suggeriscono una possibile infezione da Haemophilus influenzae).  Per quanto riguarda l’impiego di altri antibiotici, i macrolidi andrebbero utilizzati solo in caso di allergia alle penicilline in considerazione dell’elevato tasso di resistenza di Streptococcus pneumoniae ed Haemophilus influenzae all’azitromicina e alla claritromicina; le cefalosporine resistenti alla beta-lattamasi non offrono vantaggi aggiuntivi rispetto all’associazione amoxicillina/acido clavulanico.

Analgesici
Farmaco Posologia Note
Paracetamolo 15-20 mg/Kg ogni 6-8 ore Dose massima giornaliera 60 mg/Kg
Ibuprofene 10 mg/Kg ogni 6-8 ore Dose massima giornaliera 40 mg/Kg
Antibiotici
Amoxicillina 75 mg/Kg/die in 3 somministrazioni

Fino a

90 mg/Kg/die in 2 somministrazioni*

*Da preferire sempre in tris per migliore cinetica di azione (ndr)

Farmaco di prima linea
Amoxicillina + acido clavulanico 75 mg/Kg/die in 3 somministrazioni Utilizzabile in seconda linea in assenza di miglioramento dopo amoxicillina e in prima linea nel sospetto di infezioni da H. influenzae
Ceforuxima 30 mg/Kg/die in 2 somministrazioni Cefalosporina di seconda generazione utilizzabile in caso di intolleranza o reazione allergica non IgE mediata alle penicilline
Azitromicina 10 mg/Kg/die  il primo giorno; 5 mg/Kg/die dal 2° al 5° giorno (unica somministrazione giornaliera) Macrolidi da impiegare in caso di allergia IgE mediata alle penicilline
Claritromicina 15 mg/Kg/die suddivisi in 2 somministrazioni giornaliere

 

 

 

Bibliografia

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